John Gallagher ha indossato la divisa con la felce argentata come estremo debuttando in maniera ufficiale a livello internazionale proprio contro l'Italia nel match della fase a gironi della Coppa del Mondo 1987, passato alla storia soprattutto per la meta coast to coast del compagno (e altro "italiano" per vicissitudini varie) John Kirwan.
L'esordio reale, in verità, era arrivato poco prima in Francia, ma in test non riconosciuti, tanto che alla fine della sua carriera nel Rugby Union saranno 41 gli incontri disputati con la casacca tutta nera, ma solo 18 i caps internazionali, prima di dare il via ad una delle più profonde diaspore verso il League - il rugby a tredici che già allora era professionistico, mentre quello a quindici lo diventerà a partire dal 1995.
Nato in Inghilterra, da famiglia di origini irlandesi, decise di recarsi in Nuova Zelanda in un anno sabbatico, giocando talmente bene per l'Oriental Rongotai da venir selezionato con Wellington prima e in nazionale - per residenza - poi.
La moglie Anita, invece, è di origini italiane, grazie a papà Abramo (secondo nome anche di Matt, ndr) originario di Massimeno, vicino a Pinzolo, paese in provincia di Trento che, con i suoi 145 abitanti è il comune meno abitato del Trentino Alto Adige, trasferitosi a Londra all'età di 16 anni e poi rientrato in patria da pensionato.
Matt, nasce nel 1996, passa molte delle sue estati proprio a casa dei nonni, dove sente parlare spesso italiano - la mamma è fluente racconta, anche perché cresciuta in un quartiere londinese caratterizzato da una folta presenza di emigrati e le due sorelle hanno frequentato una scuola italiana -, si appassiona come il padre alla palla ovale, indossando prevalentemente la stessa maglia numero 15 con Saracens, Munster, Bath e, da quest'anno, a Treviso.
"Mentre prima, giocando in Inghilterra, vedevo più spesso papà e meno i nonni, ora è quasi il contrario, dato che sono a poco più di un'ora di strada da dove vivono - confessa Matt Gallagher -. Mi è sempre piaciuta la possibilità di poter fare molte esperienze, conoscere persone e culture differenti.
L'Italia è un Paese così bello dove poter vivere e sono davvero grato di poter far parte della stessa cultura da cui deriva parte della mia famiglia. Nel rugby, poi, siamo una squadra con tanta ambizione e determinazione. Sappiamo ciò che vogliamo ottenere e siamo nella giusta direzione.
Papà è stato il mio più grande modello in assoluto. Mi ha sempre sostenuto, ma mai forzato a giocare a rugby, dicendomi di provare qualche sport, divertendomi e basta. Poi il rugby mi ha appassionato e penso sia orgoglioso di questo. Sono cresciuto guardando i suoi video, le cassette con gli highlights della sua carriera e volevo essere come lui, pertanto ora sono molto contento di essere approdato anch'io al rugby internazionale. Lui da giovanissimo ha iniziato a giocare con gli All Blacks e credo ci sia stato tra i 21 e i 25 anni prima di passare al Rugby League, una carriera magari breve e io finora posso già dire di averla avuta più lunga, ma l'obiettivo come detto è conoscere e capire e poi quello di essere il più possibile felice".
In 18 test ufficiali con la maglia nera, in una carriera relativamente breve durata appena due anni (1987-1989) prima del cambio di codice, l'All Black numero 879 John Gallagher ha segnato la bellezza di 13 mete, di cui 4 (un record) nel match contro Figi della Coppa del Mondo vinta alla prima edizione e disputata tra le mura amiche, senza poter poi mai piazzare, specialità nella quale era particolarmente ferrato, avendo davanti nelle gerarchie un certo Grant Fox.
Matt, ancora, non ha segnato, ma c'è andato vicino con due calci piazzati mancati contro la Georgia.
"Potrei superarlo diventando il primo calciatore internazionale di casa o marcando 14 mete - scherza il trequarti del Benetton -. Ad essere sincero, ho sempre giocato in squadre con ottimi calciatori, ma arrivato in Italia ho provato a ritirare fuori il mio vecchio tee. Domenica scorsa non c'era Martin (Page-Relo, ndr) per i calci da lunga distanza e così mi sono fatto avanti per prendere questa responsabilità. Sono naturalmente dispiaciuto che non siano andati a buon fine, ma comunque contento di aver avuto il coraggio di provarci".
Curiosamente, date le varie origini familiari, Matt avrebbe potuto rappresentare l'Inghilterra - dove è nato e con cui ha giocato in giovanile, vincendo un mondiale under 20 nel 2016 -, l'Irlanda (origini paterne), l'Italia (quelle materne) e la Nuova Zelanda, per passaporto onorario dati gli exploit sportivi del padre.
"Ma in Nuova Zelanda, in realtà sono stato soltanto due volte, l'ultima delle quali in tour la scorsa estate con l'Italia. Molti amici sono riusciti a venire a trovarmi e debuttare contro Samoa, quando ho esordito, e ora in Italia di fronte al pubblico di casa, è stato incredibile. Sono molto felice di essere qui e di far parte del rugby italiano e, in effetti, posso dire di sentirmi molto fortunato e di aver avuto ampie possibilità di scelta".
Anche il padre, conclusa non senza un po' di amarezza la stagione del rugby a XIII, tornò alle tradizioni indossando la maglia dell'Irlanda A.
"Siamo tutti un po' confusi in famiglia - scherza ancora -, ci piace vedere cosa succede e provare a cogliere al volo le opportunità quando si presentano".
Questo lascerebbe aperta pure una porta alla possibilità di cambiare disciplina sulle orme paterne degli anni '90?
"No, quello direi di no, non mi ci vedo nel rugby a tredici. Cambiare sport è diverso e il League è molto fisico, c'è proprio una differente preparazione atletica, il gioco stesso e la sua comprensione sono tutta un'altra cosa, quindi non penso mi vedrete là. Ci sono molti esempi di grandi giocatori che hanno giocato in entrambi i codici, Andy Farrell, Sam Burgess, Sonny Bill Williams solo per citarne alcuni più recenti. Oggi non si può non pensare a Joseph Suaalii, che ha già fatto vedere con l'Australia tutto il suo potenziale. Contro l'Inghilterra è stato micidiale ed è ancora molto giovane, quindi ha tantissima strada davanti. Fisicamente è mostruoso, con ottime abilità e skills nel passaggio e nel gioco aereo".
Inevitabile pensare, ad ogni modo, che quella di sabato sera contro gli All Blacks sarà per tutta la famiglia una partita particolare.
"Io la attendo in pratica dal giorno stesso in cui è stata annunciata e sono molto emozionato all'idea di poter prendere parte a questo match. Giocare contro gli All Blacks, ovunque sia e con qualunque team, è già di per sé qualcosa di eccezionale e l'atmosfera questa settimana è stata davvero speciale. Non posso, quindi, che essere molto contento di essere coinvolto, in qualsiasi modo ciò avverrà.
E' un qualcosa di straordinario poter affrontare la nazionale in cui ha giocato mio papà e, in effetti, quasi un po' surreale. Lui verrà a vedere la partita e sarà la prima volta che mi vedrà a livello internazionale. Mi ha detto di godermela e di credere nelle mie possibilità qualsiasi cosa succeda, di rispettare gli All Blacks, ma allo stesso tempo di giocare duro e non temerli. Penso rimarrà neutrale in tribuna, anche se magari canticchierà mentalmente l'inno".
Papà John rientrerà il giorno dopo a Londra, dove continua a vivere e a lavorare nel campo immobiliare, dopo essere stato un poliziotto, sia in Inghilterra che in Nuova Zelanda, un insegnante e, come la moglie Anita, anche preside della scuola in cui andava Matt.
"Ma io ero quello bravo della famiglia, era mio fratello il pagliaccio della classe - ribatte prontamente l'ex Bath, cui di certo non difettano ironia e spirito -. Papà ha giocato 41 partite con la Nuova Zelanda e non ne ha mai persa una, un record niente male. Credo abbia solo pareggiato una volta contro l'Australia. Mi ha sempre raccontato di quanto si divertiva con gli All Blacks. Certo non mancava la pressione e il lavoro duro, ma tutti sapevano cosa dovevano fare. Lui era un tipo molto rilassato e benvoluto. Arrivava da un background diverso, ma si è fatto amare da tutti proprio per il suo approccio alla vita prima ancora che al gioco".
In passato, come detto, è stato nazionale inglese giovanile con discreto successo, e nel periodo con la Red Army di Munster sembrava vicina una chiamata con l'Irlanda. Come è maturata la decisione di indossare la maglia azzurra?
"Ho lasciato Munster seguendo il mio allenatore Johann van Graan a Bath. Lì mi ha contattato Kieran Crowley, ma ero praticamente appena arrivato e volevo prima focalizzarmi sul club. Dopo si è fatto avanti Gonzalo Quesada, chiedendomi cosa facevo la scorsa estate e se avevo voglia di far parte del tour nel Pacifico. Stavo lasciando Bath e trasferendomi proprio in Italia, a Treviso, e mi è sembrato una sorta di all-in.
Mi piace imparare, sfidarmi in posti e ambienti nuovi e, alla fine della giornata, voglio cercare di essere una bella persona. Onestamente, giocare a livello internazionale è un qualcosa che qualsiasi giocatore sogna e non ho mai pensato con quale squadra poterlo fare, così quando l'occasione si è presentata, l'ho semplicemente colta dicendomi "sai cosa, sì, facciamolo".
Una nazionale italiana che ultimamente a livello di "oriundi" o "naturalizzati" fa molto affidamento su un certo tipo di DNA familiare. Appena prima di Matt Gallagher aveva debuttato in azzurro e annunciato l'approdo a Treviso, Louis Lynagh, figlio di Michael, leggenda dei Wallabies più o meno negli stessi anni in cui giocava papà John Gallagher; e prima ancora Monty Ioane, nipote di un altro ex nazionale australiano, Digby.
Particolare, inoltre, il fatto che ad interessarsi per primo sia stato Kieran Crowley, estremo degli All Blacks, a lungo chiuso in nazionale proprio da papà John, e anche lui protagonista della spedizione iridata interna del 1987.
"Fu davvero molto simpatico. Quando mi chiamò mi chiese come prima cosa come stesse papà e poi la seconda domanda fu "vuoi giocare per l'Italia?". Kieran è un'ottima persona e altrettanto Gonzalo: il rugby italiano è stato ed è in buone mani".
Sabato sera il clima sarà quello di una grande festa all'Allianz Stadium, casa della Juventus che per la prima volta aprirà le porte al rugby internazionale, ma in campo gli All Blacks vorranno dimostrare il proprio valore e chiudere al meglio il tour europeo.
"Hanno perso una partita pazzesca contro la Francia, ma prima avevano vinto contro l'Irlanda che era in quel momento numero uno al mondo, e contro l'Inghilterra a Twickenham, altra cosa per niente semplice. Sarà una partita incredibilmente dura, contro una squadra che ha talento da vendere in ogni reparto. Noi dovremo cercare di essere focalizzati, iniziando forte per provare ad avere una chance.
Molti di noi sono eccitati al solo pensiero di giocare questa partita e proveremo a mettercela tutta e, chissà, magari riusciremo a scrivere una piccola pagina di storia del rugby italiano".
Il tutto in un novembre un po' altalenante, arrivato soprattutto dopo le molte aspettative per il miglior torneo Sei Nazioni di sempre per l'Italia.
"Contro l'Argentina ci aspettavamo molto di più da noi stessi. Sappiamo di essere una buona squadra e non abbiamo affrontato la partita al meglio. Anche quella era comunque una sfida particolare, con tanti argentini che giocano in Italia, Nacho e Gonzalo (Brex e Quesada, ndr) che hanno origini sudamericane. Con la Georgia sapevamo sarebbe stata una vera battaglia fisica e con molta competizione davanti. Nel primo tempo ci hanno messi sotto segnando due mete, ma siamo orgogliosi della reazione avuta nella ripresa".
A Genova, dove si è disputato l'ultimo test contro i Lelos, allo Stadio Luigi Ferraris, conosciuto anche come Marassi, dal nome del quartiere cittadino in cui sorge l'impianto, pochi giorni dopo è approdato come nuovo allenatore di uno dei due club calcistici locali, Patrick Vieira, leggenda dell'Arsenal di cui Matt Gallagher è tifosissimo.
"E stiamo avendo una delle nostre migliori stagioni degli ultimi anni - conclude il diretto interessato -. Fuori dal campo amo molto il calcio, ma sono anche un ragazzo semplice. Mi piace rilassarmi, giocare con i videogames come qualsiasi altro ventenne. Leggo, sto leggendo un interessante libro di quasi 900 pagine, e poi mi dò un po' all'editing di video social per divertimento: mi sono appena preso una telecamera nuova e chissà, magari in futuro creerò un mio canale YouTube".