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UN NUOVO LEADER

Danilo Fischetti
Le ANS secondo Danilo Fischetti, una stagione ai London Irish e 44 caps in nazionale, nuovo capitano delle Zebre e punto fermo della prima linea azzurra

Nato a Genzano di Roma il 26 gennaio 1998, il pilone in forza alla franchigia ducale è arrivato relativamente tardi al rugby, nonostante ci fossero già dei precedenti familiari.

Papà Daniele aveva militato per un periodo come ala nel Cecchina Rugby e oggi è il fratello Marco, apertura ed estremo nelle Fiamme Oro, a seguirne le orme, mentre "Fischio" - il suo soprannome più classico, anche se sui social l'ex compagno Giulio Bisegni lo ha ribattezzato "Cubo Medusa" - rimane l'unico in mischia, nonostante gli esordi con la Garibaldina Rugby di Aprilia siano stati come primo centro.

Da lì una carriera che ha toccato le tappe Lanuvio, Capitolina, Accademia, Calvisano - dove nel 2019 vince lo scudetto e viene votato miglior giocatore del campionato -, Zebre, London Irish e di nuovo Zebre, dove ora ha potuto ritrovare il tecnico Massimo Brunello, già avuto nella bassa bresciana ed ex nazionale under 20, e con il quale i gialloblu stanno iniziando a togliersi le prime soddisfazioni, come il recente storico successo contro Munster.

"La vittoria con Munster, a livello emotivo, rappresenta di sicuro qualcosa di importante. Durante la settimana e in tutti questi anni abbiamo lavorato per qualcosa che purtroppo poche volte è tornato indietro. In questo momento, lavorare per qualcosa e vedere risultati concreti ti dà quello stimolo in più.

Conosco Massimo da tempo, da Calvisano, e lo apprezzo molto. Credo che come allenatore ti dia quella giusta carica. Sa trasmettere quello che prova dentro, quanto tiene alla squadra e al rugby in generale".

Rispetto all'ex estremo del Rovigo, invece, cosa ha portato di diverso con la nazionale Quesada?

"Gonzalo credo abbia dato anche lui una spinta importante. E' un latino, quindi vicino al nostro stile, al nostro essere, al livello di passione che abbiamo nel sentire le partite, con un forte senso di responsabilità verso i tifosi e il rugby italiano.

A livello di gioco, poi, ha immesso quelle due, tre cose a sorpresa che sono uscite nel Sei Nazioni e negli ultimi test estivi".

Nelle Summer Series un tour nel Pacifico probante risultato in una sconfitta all'esordio contro Samoa e poi nelle vittorie con Tonga e Giappone. Ora, però, arrivano le Autumn Nations Series tra Udine, Genova e Torino.

"Abbiamo voglia di mostrare ciò che sappiamo fare. Certo siamo contenti, ma non ci sentiamo arrivati per quanto fatto sinora, anzi abbiamo ancora voglia di riscatto dopo la sconfitta contro Samoa, che forse ci ha presi un po' alla sprovvista.

Vogliamo dimostrare che non è fortuna, ma il frutto di un lavoro quotidiano e che ci porta a questo. Non una casualità, ma la diretta conseguenza dell'impegno e della crescita importante del gruppo. L'obiettivo è continuare a costruire e consolidare quanto fatto".

Le avversarie saranno tutt'altro che semplici, soprattutto in mischia, considerando che Argentina, Georgia e Nuova Zelanda fanno da sempre degli avanti il proprio fulcro.

"Nel rugby degli ultimi tempi, mi viene da dire che è pressoché impossibile trovare una partita facile davanti. Parliamo di tre eccellenze assolute.

La Nuova Zelanda all'ultima Coppa del Mondo ci ha fatto soffrire. La Georgia fa della mischia un punto di forza al 100%, anche se nella partita di due anni fa a Batumi li avevamo messi abbastanza sotto. L'Argentina vista nel Championship è riuscita persino ad ottenere dei calci di punizione contro il Sudafrica ed è indubbiamente tra le più forti al mondo.

Quello che proveremo noi sarà fare le nostre cose fatte bene e lavorare tutti otto assieme, seguendo quello che ci dice Moro (Andrea Moretti, tecnico della mischia dell'Italia, ndr). L'obiettivo, anche se ci attendono tre test difficili, è sempre quello di dominare l'avversario e credo che possiamo essere in grado di riuscirci".

Da quel 1 febbraio 2020 al Millenium Stadium, quando arrivò il suo esordio nel Sei Nazioni contro il Galles, ne ha fatta di strada Danilo Fischetti.

Un'esperienza sfortunata dal punto di vista societario in Inghilterra con gli Exiles poi falliti e il rientro a Parma, dove quest'anno è stato scelto come capitano della franchigia che gioca in URC e Challenge Cup.

Facile attendersi, pertanto, un ruolo di primo piano pure in nazionale.

"Tutto quello che c'è stato nella mia carriera, mi ha aiutato - conferma -, e ora essere capitano delle Zebre è per me un valore aggiunto, ma non un motivo di vanto o altro. In nazionale credo ci siano già leader importanti, determinati e scelti da staff e giocatori, dei quali sono super contento, così come del loro lavoro, quindi vanno più che bene. Quello che cercherò di fare io, più che altro, sarà dare sempre l'esempio giusto".

44 caps totali ad oggi conditi di ricordi da conservare.

"Ce ne sono diversi. Tra i più belli non posso non citare la prima vittoria in Galles nel Sei Nazioni, dopo anni che non vincevamo, così come quella in casa contro la Scozia, ma anche il successo contro l'Australia, che ha rappresentato un altro passo importante.

Sul piano personale, penso a tutto quello che c'è stato come preparazione al Mondiale e la stessa Rugby World Cup che è stata indimenticabile. Anche perché per me era una piccola rivincita rispetto all'edizione precedente, quando sono stato chiamato in corso d'opera e poi non sono riuscito a giocare la partita contro gli All Blacks che venne annullata a causa di un tifone".

Se una volta si pensava che un pilone potesse dare il meglio di sé passati i trent'anni, oggi stiamo sempre più assistendo ad un cambiamento completo del ruolo, sia dal punto di vista anagrafico che tecnico.

"Probabilmente questo tipo di maturazione, in passato, era un concetto più legato alla mischia chiusa, che è un qualcosa di difficile, persino da spiegare, dove serve sì potenza, ma conta anche tantissimo la tecnica, e questa arriva soltanto con il tempo e l'esperienza.

Ora la linea di un pilone forse non completo ma sicuramente formato credo sia verso i 27-28 anni. Se guardiamo al gioco aperto, stiamo assistendo a un qualcosa di totalmente differente e ad una grande evoluzione. I piloni sono diventati delle specie di terze linee aggiunti, che portano palloni, corrono, placcano, lavorano sui punti d'incontro e per questo forse il tempo di maturazione è sceso molto ed è stato anticipato rispetto al passato".

Imprescindibile o quasi nel gioco, leader, carismatico, determinato. Tutto questo e molto altro è per gli appassionati Danilo Fischetti. Ma lui come si definirebbe?

"Domanda difficile e forse sarebbe più giusto rispondessero altri. Mi ritengo una persona tranquilla e disponibile, forse l'aggettivo che più mi si addice potrebbe essere semplice.

Quando non sono in campo mi piacciono i motori, Formula 1, Moto GP, ma anche il calcio, sono tifosissimo della Roma, e il tennis, dove non sono forte, ma gioco solitamente assieme a Pierre Bruno".

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