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Identità e cultura, il credo di Gonzalo Quesada

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Presentato ufficialmente a Roma il nuovo commissario tecnico dell’Italia che si è soffermato a lungo sulle sue idee per il prossimo Sei Nazioni ed il futuro degli Azzurri, partendo dalla creazione di una visione comune a tutto il sistema.

Presentato ufficialmente a Roma il nuovo commissario tecnico dell’Italia che si è soffermato a lungo sulle sue idee per il prossimo Sei Nazioni ed il futuro degli Azzurri, partendo dalla creazione di una visione comune a tutto il sistema.

Primo giorno di scuola ufficiale per Gonzalo Quesada, nuovo commissario tecnico della nazionale italiana di rugby, presentato oggi nel Salone d’Onore del Coni a Roma.

Ad intervenire subito e a fare gli onori di casa, proprio il presidente del Coni, massimo organismo sportivo nazionale, Giovanni Malagò che ha sottolineato come “figure come quelle del commissario tecnico o del segretario generale rientrano tra gli aspetti formali e fondamentali di ciascun organismo sportivo, soprattutto quando si parla di squadra. So che la nazionale italiana di rugby preparerà il prossimo Sei Nazioni al CPO dell’Acqua Acetosa, dove c’è un po’ tutto, si dorme, mangia, studia assieme, c’è l’Istituto di scienza e medicina dello sport e penso possa essere una grande opportunità di respirare questa atmosfera e confrontarsi con atleti di altre discipline. Gonzalo Quesada porta all’Italia l’esperienza pragmatica francese e un’anima latina. Gli argentini sono praticamente nostri cugini e molti sono legati, a livello sportivo ma più in generale demografico, al nostro Paese. Il rugby ha dinamiche culturali particolari e un fatto significativo è che molti tra coloro che praticano o hanno praticato questo sport iniziano poi una vita lavorativa con professioni impegnative. Da questo punto di vista, so che Quesada è laureato in Economia, il che testimonia ulteriormente la sua poliedricità e curiosità mentale, indispensabile per stare in questo mondo e con noi Italiani”.

A spiegare come sia arrivata la scelta dell’ex mediano di apertura di Stade Francais, Pau, Tolone, ma soprattutto dell’Argentina (due Coppe del Mondo disputate con i Pumas, 38 caps e 486 punti marcati tra 1996 e 2003), è stato direttamente il presidente della Federazione Italiana Rugby, Marzio Innocenti.

“In primis voglio rivolgere un enorme ringraziamento a Kieran Crowley, che aveva preso una nazionale e un movimento in difficoltà. Gli era stato chiesto di far tornare fiducia e coraggio ad un gruppo molto giovane e ha fatto uno splendido lavoro con tutto lo staff e ottenuto anche risultati. Nella programmazione sportiva, diventa sempre più spesso necessario vedere oltre l’immediato. Dopo il Sei Nazioni c’erano molti motivi per decidere che il nuovo ciclo si poteva fare con un altro tecnico. Per questo, abbiamo iniziato a cercare chi poteva essere la persona giusta, restringendo il cerchio a due potenziali figure, tra le quali Gonzalo Quesada è sembrato il profilo più adatto. Un allenatore scelto perché, pur così giovane, ha lavorato a lungo, è molto curioso, cura particolari che sono fondamentali, è arrivato nello staff della Francia ad una finale mondiale, ad una finale Super Rugby con gli Jaguares, e ha vinto un titolo in Francia, dove sappiamo il campionato è molto duro. Tutta la sua vita, anche come giocatore, è da sempre improntata su un grande impegno e sulla ricerca del risultato. Non gli daremo pressione su obiettivi irrealistici che non ci possiamo porre, ma se la Federazione è ambiziosa, Gonzalo lo è di più ed è il motivo principale per cui oggi è il nuovo commissario tecnico dell’Italia”.

Nato a Buenos Aires il 2 maggio 1974, Gonzalo Quesada è stato assistente di Francia e Argentina e ha allenato le prime squadre di Racing Metro 92 e Stade Francais, quest’ultima per sette anni in totale in due differenti periodi intervallati dall’esperienza nella terra natale con gli Jaguares. Un Top 14 vinto nel 2015 e una Challenge Cup nel 2017, sarà il primo tecnico argentino alla guida della nazionale italiana di rugby e si è presentato subito con un buon italiano, rinsaldato da uno studio intenso negli ultimi mesi.

“La scelta dell’Italia è stata molto facile – ha dichiarato lo stesso Gonzalo Quesada -. Ho lavorato in due staff internazionali in precedenza con Argentina e Francia, sono stato capo allenatore in Europa e il prossimo passo e mio obiettivo personale era la possibilità di poter guidare una squadra internazionale.

Sono veramente onorato di essere qui, so bene che è una grande sfida, ma sono altrettanto convinto di essere pronto. Spero di conoscere bene e presto lo staff, dato che per la prima volta lavorerò con persone che ancora non conosco, e i giocatori, per poter subito iniziare una preparazione breve per il prossimo torneo Sei Nazioni.

Ho già visto molto dell’Italia, guardato anche tutte le partite di Treviso e Zebre. Prima di parlare di gioco, penso che sarà importante definire una visione comune. Io ho le mie convinzioni, sono sicuro del gioco, dell’identità, della cultura che voglio, ma prima devo capire la cultura del rugby italiano, per me sarà importante ascoltare ed imparare molto e poi proverò a convincere i nostri giocatori e lo staff di andare nella medesima direzione in questa nuova avventura magnificamente bella.

Oggi è per me il primo giorno in Italia, casa mia sarà qui, l’obiettivo sarà lavorare per la nazionale, ma penso con molta umiltà di voler aiutare e lavorare con i giovani, i club, con tutto il rugby italiano: mi sento già parte di questa famiglia”.

Difficile chiedere al nuovo capo allenatore risultati nel breve periodo, con appena tre mesi all’inizio del Championship.

“Sappiamo che è uno sport professionistico e risultati e performance contano, sono qui per questa ragione, ma definire una visione comune ora è più importante, anche se ovviamente giochiamo a questo livello per avere risultati e quindi ragioneremo pure per questi obiettivi.

Ho guardato tutte le partite dell’Italia alla Coppa del Mondo, diverse direttamente allo stadio, e ho sofferto come voi nelle ultime due. L’Italia negli anni recenti ha disputato buoni match ed è molto migliorata. C’è una bella generazione con buone basi per continuare l’ottimo lavoro fatto da Kieran Crowley e dal suo staff che rispetto molto”.

Identità, visione e cultura prima, poi la scelta degli uomini.

“Mi piace molto lavorare con leader di gioco, ma prima va definita questa visione comune, come detto, un’identità e cultura di lavoro. Ho allenato quasi quindici anni squadre francesi, a Parigi per dieci anni con una dozzina di nazionalità diverse, quindi è una cosa che sono abituato a fare.

Faremo questo con lo staff e i giocatori e poi troveremo il nostro leader naturale, il capitano sarà la conseguenza di queste tappe. Oggi per me è impossibile parlarne. Ho avuto molto tempo per analizzare la squadra, ma il capitano non è la mia priorità al momento. Sono identificato come allenatore dallo stile anglosassone, perché mi piace molto la pianificazione, il dettaglio, la possibilità di leggere in anticipo la situazione, ma sono latino, conosco bene molti giocatori e allenatori italiani e non devo insegnare nulla su quello che vuol dire metterci il cuore, la passione, quella che noi in Argentina chiamiamo garra. Sono sicuro che sia già un qualcosa di vivo nel rugby italiano e sono anzi io a voler imparare questi aspetti della cultura e della passione italiana”.

Attenzione anche al futuro, considerando i buoni risultati della nazionale under 20.

“Ho guardato la nazionale under 20 dell’Italia nell’ultimo Sei Nazioni e nelle recenti Summer Series in Sudafrica. Si è lavorato molto nei settori giovanili e ci sono progetti per sviluppare Accademie e in generale il rugby tra i più piccoli e i giovani ed è positivo per il futuro”.

Stile altrettanto chiaro per il neo commissario tecnico azzurro.

“L’idea di gioco attuale mi piace molto. Propendo per una filosofia di attacco che credo possa ben adattarsi allo spirito italiano. Dobbiamo continuare a migliorare e lavorare sulla base. La mia idea si pone anche su quello che ho sempre visto quando ho affrontato in passato l’Italia, una squadra difficile, forte in mischia, in difesa, con cuore, che si batte sempre. Dovremo continuare su questa strada e provare ad andare ancora più lontano. L’Italia magari non è la squadra più forte fisicamente, non possiamo pensare di utilizzare solo un rugby fatto di potenza come Sudafrica o Inghilterra, ma dovremo sfruttare più opzioni e soprattutto un rugby di velocità, ma penso che i giocatori siano altrettanto convinti di questo. Il rugby di oggi e di domani è un rugby di attacco”.

Infine, un dialogo con chi ben conosce la maglia della nazionale italiana ed è stato a lungo con Quesada a Parigi: Sergio Parisse.

“Sergio è stato capitano allo Stade Francais con me e abbiamo un buon rapporto. Una volta entrata in stato, per così dire, avanzato la trattativa con la Federazione Italiana, mi sono confrontato con lui ed è stato contento del mio arrivo qui, così come ho avuto modo di parlare con altri giocatori di origini argentine che hanno rappresentato l’Italia, come Martin Castrogiovanni e Diego Dominguez”.