In meno di un anno, Ange Capuozzo è passato dall’essere un prospetto esordiente al ragazzo immagine del rugby italiano.
È da quando Sergio Parisse giocava per gli Azzurri che qualcuno non catturava l’immaginazione come Ange. Tuttavia, se il detentore del record di presenze e più grande giocatore di sempre della nazionale italiana aveva tutte le caratteristiche fisiche per eccellere al livello più alto, il viaggio di Capuozzo verso la vetta è stato decisamente più improbabile.
A 23 anni, Ange ha sei mete internazionali a suo nome, è l’attuale giocatore rivelazione dell’anno di World Rugby e l’anno scorso ha dato un apporto decisivo nella storica vittoria contro il Galles e nel primo successo di sempre contro l’Australia.
Se tornassimo indietro di quattro anni, tuttavia, anche Capuozzo stava cominciando a chiedersi se il suo fisico potesse costituire un ostacolo. Alla fine del 2018, Ange giocava mediano di mischia per gli Espoirs (ndr, la squadra giovanile) del FC Grenoble, il club locale, quando l’Italia u20 arrivò in città per un’amichevole in preparazione per il Sei Nazioni u20 successivo.
Senza quella partita, giocata su di un vecchio e malconcio campo d’allenamento, quasi certamente Capuozzo non sarebbe dove è adesso. Dopo essersi messo in mostra sul campo, Capuozzo si presentò agli allenatori italiani e disse loro che, pur essendo nato in Francia, la sua famiglia era italiana e gli sarebbe piaciuto giocare per gli Azzurri.
Capuozzo ricorda: “ho sempre sognato di giocare ai massimi livelli. Non è facile però, ci sono molti ostacoli che fanno sì che a un certo punto ti dici che potrebbe non accadere mai. Continui a dare tutto te stesso, ma inizi a dubitare di te stesso. Credo di aver lavorato molto, ma di aver avuto anche fortuna”.
“Penso che si debba ammettere che ogni tanto si ha bisogno di un piccolo aiuto, ma devi creare le condizioni. La dea bendata mi ha dato una mano quando l’Italia è venuta a Grenoble, in un momento in cui stavo attraversando un periodo difficile con gli Espoirs. Cominciavo a farmi molte domande sul mio futuro. Quella partita ha riacceso il sogno, ha alimentato le ambizioni e qualche mese dopo sono stato convocato dall’Italia u20 e poi ho avuto la mia occasione con la prima squadra del Grenoble”.
“Quello è stato un punto di svolta e il periodo che mi ha convinto che non solo volevo fare questo nella mia vita, ma soprattutto che potevo farlo. Perché, se non ci sono mai stati molti dubbi sul fatto che volessi giocare a rugby al massimo livello, ce n’erano di più sul fatto che potessi farlo”.
All’epoca, Fabio Roselli era alla guida degli Azzurrini e ha avuto una grande influenza sul percorso di Ange verso il vertice. Oggi capo allenatore delle Zebre, Roselli ricorda ancora il suo primo incontro con Capuozzo, che l’estate successiva ha convocato per il Mondiale Under 20, non come mediano di mischia ma come estremo.
Roselli racconta: “il primo incontro con Ange è stato nel dicembre 2018. Noi eravamo andati con l’Italia U20 a Grenoble per una partita amichevole in casa degli Espoirs del Grenoble. In quel match giocò mediano di mischia e nella parte finale qualche minuto da estremo. A fine partita, durante il terzo tempo, si presentò al nostro staff manageriale manifestando questo suo desiderio di rappresentare l’Italia. Fu un episodio simpatico perché vedemmo un ragazzo che non era dotato di una struttura fisica imponente, che però aveva personalità. Alla fine, questa sua struttura fisica non si è rivelata un limite, ma anzi un’opportunità”.
“L’idea di spostarlo da mediano di mischia a estremo è nata un po’ dall’esigenza della nostra squadra e un po’ seguendo la volontà dello staff di aumentare quel tipo di contributo che Ange era in grado di dare in una posizione del campo che pensavamo all’epoca fosse strategica”.
Pesando appena 71kg, l’estremo è uno dei giocatori più leggeri della scena internazionale; per esempio, domenica ha affrontato il pilone francese Uini Atonio, che pesa letteralmente il doppio di lui. Piuttosto che esserne ostacolato, Capuozzo ha trasformato i suoi limiti fisici in una risorsa:
“Il mio fisico è stato un problema, soprattutto il mio peso”, racconta. “Mi ha frenato diverse volte. Ma non mi piace nascondermi dietro di esso. Se domani potessi essere veloce, intelligente, grosso e potente e avere tutto, ovviamente non direi di no. Ma ho cercato di rispettare il giocatore che ero con le qualità che ho, e di usarle per fare il massimo in campo”.
Quando parla dell’ostacolo rappresentato dal suo peso, non usa un eufemismo. Infatti, a Grenoble c’erano seri dubbi su come avrebbe potuto avere successo nei campionati francesi, estremamente fisici, con l’ex estremo degli Springboks Gio Aplon che ha indirettamente giocato un ruolo nel cambiare questa mentalità.
Bernard Jackman, l’ex tallonatore dell’Irlanda che ha allenato il Grenoble tra il 2011 e il 2017, ricorda: “era un ragazzino quando ero lì, aveva circa 15 o 16 anni e giocava nell’accademia. Sarò onesto, le conversazioni che avevamo su di lui riguardavano il fatto che era troppo piccolo. Ovviamente, i giocatori possono smentirti e lui l’ha fatto”.
“Tutti potevano vedere il suo talento, ma era un adolescente molto piccolo, come è piccolo da adulto. All’epoca si dava molta importanza alle dimensioni e all’altezza e il Top 14 era molto orientato sul gioco al piede. Non si riusciva a vedere uno spazio per uno come lui”.
“Tuttavia, detto questo, abbiamo poi ingaggiato Gio Aplon. Lo abbiamo preso dagli Stormers, è arrivato ed è stato incredibilmente bravo. Era un giocatore piccolo e a Grenoble ha probabilmente cambiato la mentalità nel giudicare chi avrebbe potuto farcela. Ange era pieno di talento, ma temevamo che non fosse abbastanza grosso e lui ha dimostrato che ci sbagliavamo”.
Se le sue dimensioni potevano essere oggetto discussione, ciò che non è mai stato messo in dubbio è la capacità di Capuozzo di creare qualcosa dal nulla. Ange ha iniziato la sua carriera rugbistica a Grenoble, all’US 2 Ponts, dove ha giocato dall’Under 7 fino all’Under 11. Il suo primo allenatore, Pierre Eymeri, ricorda un talento precoce e un animo ancora migliore: “era davvero piccolo, anche all’epoca, ma fin dalla più tenera età aveva la capacità di evitare i placcaggi e di giocare nello spazio. Aveva l’X-factor, appena riceveva la palla, tutti i giocatori della sua squadra correvano in sostegno perché sapevano che era lui a poter rompere la partita”.
“Tuttavia, è sempre stato un vero giocatore al servizio della squadra, anche quando era molto giovane; aveva la possibilità di segnare quasi il 75% delle mete della sua squadra e voleva comunque giocare con il resto della squadra”.
“Quando ha iniziato a crescere, ci siamo tutti chiesti se il suo fisico lo avrebbe ostacolato. Anche a 16 anni era ancora molto esile e pensavamo che sarebbe potuto essere complicato. Ma alla fine tutti si sbagliano, e per fortuna è così. La sua evasività, la sua capacità di giocare nello spazio e i suoi movimenti gli hanno permesso di avere successo. Tutto ciò dimostra ai genitori che non tutti su un campo da rugby sono grossi e pieni di muscoli. Inoltre, dimostra il valore del lavorare duro, perché c’è stato un periodo in cui le porte a Grenoble non si sono spalancate per lui”.
“È la stessa persona di quando l’ho conosciuto per la prima volta. È molto grato per tutto quello che è successo. È molto umile. Vedo regolarmente i suoi genitori e i suoi nonni perché vivono vicino allo stadio. Quando ha annunciato la sua partenza per il Tolosa, ha invitato tre dei suoi primi allenatori a vedere la sua ultima partita a Grenoble. Una volta all’anno ci invita alle partite, è davvero una persona con i piedi per terra”.
Rimanere con i piedi per terra non è stato facile. Capuozzo ha avuto un impatto immediato quando è entrato nel giro dell’Italia, segnando due mete entrando dalla panchina al debutto contro la Scozia, nel Guinness Sei Nazioni dello scorso anno, prima che la sua corsa a Cardiff scrivesse per sempre il suo nome nella storia del Torneo.
Il trasferimento estivo al Tolosa, il club più vincente del rugby francese ed europeo, non ha fatto altro che aumentare le luci della ribalta, ma Capuozzo l’ha presa con filosofia. Dopo la prestazione del Principality, ha segnato due splendide mete individuali contro l’Australia e un’altra contro i campioni del mondo del Sudafrica. La Francia, e in particolare Grégory Alldritt, sono state le ultime vittime dei suoi piedi veloci, e l’allenatore della difesa inglese Kevin Sinfield passerà senza dubbio gran parte della settimana a cercare di capire come limitare l’influenza di Capuozzo.
Sono stati 11 mesi vorticosi e la sua vita non sarà più la stessa. Capuozzo ha ammesso: “la mia vita è cambiata perché ho avuto un riconoscimento internazionale. Mi ha messo sotto i riflettori. Sono cresciuto come persona e come uomo, ho cambiato come vivo la mia vita. Ciò non ha a che fare con il rugby, è un cambiamento di stile di vita, di gestione del mio tempo, di rilasciare interviste, di cercare di non mischiare la mia vita privata con quella pubblica. Ma è una cosa positiva, sono riuscito a trovare il giusto equilibrio, ma ha comportato parecchi cambiamenti.”
Il fatto che Capuozzo abbia trovato questo equilibrio nella sua vita privata sembra corretto, dato che il suo equilibrio in campo è la sua più grande risorsa. Da ragazzo quasi perso per strada dal rugby a causa delle sue dimensioni, Capuozzo è in procinto di diventare il volto del rugby italiano. Fortunatamente, la dea bendata ha fatto la sua parte, permettendo che il suo duro lavoro e le sue skill abbaglianti avessero l’opportunità di brillare sul palcoscenico più importante. Il suo tour europeo è già stato un successo con le date di Cardiff e Roma. Il pubblico di Twickenham è il prossimo fortunato a poter vedere dal vivo il piccolo temerario.