La Nuova Zelanda sarà sempre la casa di Kieran Crowley, ma l’Italia è dove si trova ora il suo cuore.
Sette anni dopo il suo arrivo in Italia alla guida del Benetton Treviso, il 61enne è diventato il protagonista di un movimento rugbistico che si sta rinnovando. Oggi siamo oltre la metà del suo contratto triennale e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, ma Crowley è il primo ad ammettere che questo non era il suo piano.
Quando è arrivato in Italia, non sognava assolutamente di allenare un’altra nazionale, eppure, sotto la sua guida, gli Azzurri sono indubbiamente in crescita. Crowley ha coltivato una squadra giovane, piena di promesse e di talento, guidata dal talentuoso mediano d’apertura Paolo Garbisi e dall’elettrico estremo Ange Capuozzo.
L’anno scorso l’Italia ha ottenuto la prima vittoria nel Guinness Sei Nazioni in sette anni, battendo il Galles in rimonta in una giornata storica, mentre nelle Autumn Nations Series ha raccolto un altro scalpo importante contro l’Australia.
C’è un piano chiaro, una visione a lungo termine e Crowley è la mente dietro a tutto questo: “quando sono arrivato qui, sapevo che l’Italia aveva sempre avuto degli avanti molto forti, ma non pensavo che il livello di skills fosse molto alto”, ha dichiarato questa settimana, “ci sono alcuni buoni giovani giocatori che si stanno affermando e si è lavorato molto bene sulle skills, credo che i giocatori stiano iniziando a comprendere meglio il gioco. Gli insegnamenti che hanno avuto da noi e dai loro club li sta aiutando a diventare rugbisti migliori. Se dovessi dare un’impressione generale dei giocatori di rugby italiani, direi che sono dei gran lavoratori e molto appassionati. Questa passione si manifesta in campo e hanno un’attitudine a non mollare mai”.
Il curriculum da allenatore di Crowley, sia in Italia che prima del suo arrivo nel Paese, è notevole, ma un tempo era conosciuto per le sue imprese in campo. Infatti, Crowley da giocatore era un estremo temerario, ha accumulato 19 presenze con gli All Blacks e ha fatto parte della squadra che ha vinto la prima Coppa del Mondo di rugby nel 1987. Ha anche segnato una meta contro la Scozia durante il tour del 1990 in Nuova Zelanda, guidando la sua squadra a una vittoria per 31-16.
Appena appesi gli scarpini al chiodo, Crowley si è dedicato all’attività di allenatore. Dopo un lungo periodo con il Taranaki, ha allenato l’Under 19 della Nuova Zelanda fino al successo nella Coppa del Mondo nel 2007, prima di assumere il ruolo di capoallenatore del Canada.
Quello è stato il suo primo impegno a livello senior, anche se in precedenza aveva ricoperto il ruolo di selezionatore con gli All Blacks. Con il Canada ha raggiunto due volte la finale della Churchill Cup, mentre i canadesi si sono classificati anche secondi nella Pacific Nations Cup. Con la nazionale canadese ha avuto l’opportunità di affrontare il Paese in cui è nato e, ironia della sorte, quella è stata la sua prima sfida anche come capo allenatore dell’Italia.
È stato un lungo viaggio, ma l’Italia è il luogo in cui lui e sua moglie Sue hanno messo le radici. “L’Italia è semplicemente straordinaria”, ha detto, “sono venuto per allenare il Benetton, ma mi è piaciuto tutto, mi sono innamorato del Paese. Ci sono molti posti che amo, siamo stati molto fortunati a fare viaggi in Sardegna e in Sicilia. Adoriamo Roma e il mio posto preferito sono probabilmente le Cinque Terre, un luogo che non conoscevo nemmeno quando sono arrivato qui, poi ci sono anche Venezia e Firenze. Il cibo italiano è fantastico! È anche così semplice, mia moglie continua a dire che in Nuova Zelanda o in Canada facevamo la pasta e ci mettevamo dentro un sacco di cose, ma qui non è così, è molto semplice e ha un ottimo sapore. Non ci aspettavamo di innamorarcene così tanto”.
Il primo Guinness Sei Nazioni di Crowley risale a 12 mesi fa e, sebbene l’Italia abbia sofferto delle battute d’arresto (come la sconfitta per 33-0 contro l’Inghilterra e quella per 57-6 contro l’Irlanda) la vittoria di Cardiff ha rinvigorito il rugby italiano. Commentando quella partita, Crowley ha detto: “c’era molta emozione intorno, Marius Goosen, il nostro allenatore della difesa, era lì da sei anni e ha vinto la sua prima partita del Sei Nazioni, sembrava che avessimo vinto la Coppa del Mondo! Avevamo degli obiettivi con cui misurarci, non i risultati, e questo ora ci dà una base per andare avanti”.
L’Italia ha avuto otto allenatori da quando è entrata nel Sei Nazioni 23 anni fa, e Crowley ha iniziato il torneo con la migliore percentuale di vittorie di tutti. L’effetto è evidente, con lo Stadio Olimpico sempre più pieno e la Nazione che torna ad interessarsi sempre di più della squadra.
“Durante il Covid, non c’era nessuno in giro, ma ora, quando arrivi alla stazione ferroviaria o allo stadio, ci sono persone con le bandiere dell’Italia che ti sostengono. Questa cosa ti fa sentire la responsabilità”, ha aggiunto Crowley, “se guardiamo all’ultima partita, c’erano 50.000 persone, un pubblico enorme per l’Italia. Sentiamo il dovere di fare una prestazione che gli faccia venir voglia di tornare”.
Con Garbisi, Capuozzo e Crowley alla guida, c’è da scommettere che lo faranno.