L'assistente allenatore di Fabio Roselli lascia le Zebre dopo un anno (venerdì 31 maggio a Glasgow la sua ultima partita ufficiale), in seguito alla nomina che partirà dal tour nel Pacifico di quest'estate, mentre chi lo ha preceduto aveva già annunciato il suo addio.
Goosen, nello specifico, si ricongiungerà in Giappone agli Honda Heat nel campionato League One con Kieran Crowley, ex commissario tecnico degli Azzurri fino all'ultima Coppa del Mondo in Francia. Il sudafricano lascia, così, l'Italia dopo ventidue anni tra campo (Viadana, Roma e Treviso) e panchina (Treviso e nazionale).
"Marius è un allenatore e ancor prima una persona eccezionale - commenta lo stesso Hodges -. Appena Gonzalo (Quesada, ndr) mi ha offerto l'occasione di diventare il nuovo allenatore della difesa, sono salito in macchina e sono andato a Treviso. A pranzo con Goosen abbiamo avuto una lunga conversazione su tutto quello che riguarda questo incarico. Aveva annunciato prima del torneo che avrebbe lasciato il suo ruolo e sono, poi, stato approcciato dalla Federazione, sono stato contattato da Gonzalo e abbiamo avuto un lungo incontro a Piacenza per parlare delle diverse filosofie di gioco e di approccio relativamente alla fase difensiva. Poi ci siamo sentiti anche alcune volte durante il Sei Nazioni e più avanti. Dopo la partita contro il Galles, una volta concluso il tutto, abbiamo stabilito la possibilità di iniziare questo nuovo capitolo. Sono attualmente credo l'assistente allenatore da più tempo nell'URC e quindi spero di poter portare al rugby italiano la mia esperienza, in un gruppo giovane che comunque ha una buona conoscenza. Il desiderio è ora quello di costruire assieme a Gonzalo, German Fernandez, Philippe Doussy e Andrea Moretti un'unica unità che sia in grado di partire subito al meglio con il lavoro verso i prossimi incontri e con un occhio di riguardo alle prossime sfide e in particolare alla Coppa del Mondo. Il modo in cui hanno difeso nelle ultime partite del Sei Nazioni, in particolare la prova eccezionale fornita a Cardiff contro il Galles, campo tutt'alto che semplice, dimostra ulteriormente il grande rispetto che i ragazzi hanno avuto per Marius, salutandolo nella migliore maniera possibile".
La prima sfida per il nuovo allenatore della difesa sarà, però in effetti, quella con la lingua italiana.
"Non è semplice imparare verbi e grammatica, ma cerco soprattutto di apprendere quello che mi serve per il rugby nel mio primo anno - dice l'ex assistente allenatore di Cardiff -. Sono in Italia da nove mesi e piano, piano sto facendo progressi. Faccio lezione tre sere alla settimana a scuola e per due volte ho un insegnante privato che viene a casa mia, quindi un totale di cinque lezioni su sette giorni".
Con la Federazione Italiana Rugby, un contratto che lo legherà fino al 2028.
"Sono molto emozionato e grato per questa opportunità. Come detto, sono alle Zebre da nove mesi, nei primi abbiamo avuto momenti positivi, mentre la seconda parte di stagione è stata più dura per varie ragioni. Quello che mi esalta soprattutto è l'età media del gruppo azzurro, con giocatori che dovrebbero essere in grado di arrivare alla prossima Coppa del Mondo con 40-50 caps e poter così provare per la prima volta il passaggio ai quarti di finale e oltre. E poi continuare quanto già fatto per quanto riguarda il rispetto che l'Italia si sta sempre più guadagnando da parte delle altre squadre, soprattutto nel Sei Nazioni".
A luglio i primi impegni vedranno Lamaro e compagni opposti alla fisicità di Samoa e Tonga e poi affrontare i kamikaze del Giappone, sempre una vera e propria minaccia dal punto di vista offensivo. Subito, pertanto, test estremamente probanti per la difesa.
"Ci sono pochi posti dove è più difficile andare rispetto a Samoa e Tonga e sono formazioni che spesso siedono allo stesso tavolo delle grandi potenze del rugby internazionale. Saranno per tutti sfide dure dal punto di vista fisico ed emotivo. Sul secondo aspetto, credo che l'Italia abbia ottime capacità, mentre per quanto riguarda l'aspetto fisico, dovremo apportare qualche piccolo accorgimento nel gioco per poter affrontare questo tipo di squadre che fanno proprio di questo il loro punto di forza. Sono comunque ottimista: l'Italia è la squadra che ha vinto nell'ultimo Sei Nazioni il maggior numero di turnover (17, ndr), quindi uno dei nostri obiettivi sarà quello di mettere nei punti d'incontro i nostri elementi di peso e recuperare palla il prima possibile".
Rimanendo sulle statistiche dell'ultimo torneo, cui lo stesso Hodges da buon analista sembra fare particolare attenzione, l'Italia è la squadra che ha effettuato più placcaggi nell'edizione 2024 (972) e, dai grandi numeri spesso arrivano di conseguenza pure gli errori, mancandone in totale 157. Dopo il Galles è stata, inoltre, la peggior difesa, subendo 126 punti, soltanto 3 però in più rispetto all'Inghilterra e 4 della Francia.
"Da questi numeri ci sono diverse cose che emergono - continua l'ex assistente anche del rugby a sette gallese e della nazionale under 20, con cui ha vinto un Grande Slam nel 2016 -. In primis di positivo il fatto che ci sia un'identità attorno ai punti d'incontro. Il secondo, invece, è che come allenatore speri di non vedere la tua squadra dover fare così tanti placcaggi, perché ciò significa che per la maggior parte del tempo hai difeso e la palla era agli avversari, mentre la bellezza del rugby e il motivo per cui noi tutti giochiamo è quello di attaccare, di divertirci con il pallone e segnare mete. Dobbiamo, quindi, rovesciare queste statistiche di possesso e territorio e ciò è naturalmente legato anche al nostro gioco al piede. Dal punto di vista statistico, comunque, molti dei dati negativi arrivano dalle prime due partite contro Inghilterra ed Irlanda. Se dividessimo il torneo in due parti, la seconda contro Francia, Scozia e Galles evidenzia una crescita notevole e dipinge un quadro ben diverso delle performance dell'Italia. Dobbiamo ripartire da qui, dalla velocità di salita, che forse può essere ulteriormente migliorata, dalla struttura, dalla fisicità messa in campo in queste ultime partite. Poi la difesa va sempre pensata in base al tipo di giocatori che hai a disposizione. Abbiamo la fortuna di avere dietro atleti come Menoncello, Brex, Ioane, Lynagh, tutti veloci e fisici, e poi una terza linea giovane, potente e altrettanto rapida, per cui la velocità sarà sicuramente un elemento chiave nella nostra strategia, assieme al gioco al piede, ripartendo dalle solide basi che già ci sono e cercando appunto, come già detto, di dover difendere meno".
In generale, come è stato il Guinness Six Nations 2024 dell'Italia?
"Come una partita da due tempi e completamente diversa. Naturalmente c'era un nuovo staff tecnico e la necessità di adattarsi e penso che l'incremento di fiducia si sia visto a partire dal match contro la Francia: non sono molte le squadre che vanno là e giocano come ha fatto l'Italia. Non si può più considerarla la Cenerentola del torneo, anzi credo meritasse tranquillamente di stare nella parte alta della classifica finale. Sono rimasto molto colpito soprattutto dalla capacità di capire e rimediare ai propri errori, in particolar modo dopo la partita contro l'Irlanda. L'ottimo lavoro degli ultimi tre incontri deve essere il focus per tutti".
Collisione e gioco al piede sono state le parole chiave anche all'arrivo a Parma con la franchigia ducale delle Zebre.
"Il lavoro sul gioco al piede con Philippe Doussy è stato chiaramente evidente nel Sei Nazioni. Un giocatore come Garbisi rappresenta un ottimo profilo dal punto di vista dell'età e dell'esperienza verso il 2027, è un atleta forte e che si mette davanti in prima persona in molte situazioni. Possiamo comunque avere la possibilità di provare altre soluzioni, vedi Marin che è tornato in campo nell'ultimo periodo a Treviso, e poi abbiamo la fortuna di avere calciatori di destro, ma anche mancini come ad esempio Pani. Ci sono piccoli miglioramenti che possiamo fare su questo aspetto e riuscire ad essere più efficaci in attacco, così come nella gestione arbitrale e poi continuare tutto quello che riguarda il lavoro nel turnover e nel recupero veloce dei palloni".
Nello staff sarà l'unico di scuola britannica in una squadra latina che fa dell'emotività uno degli aspetti principali nel proprio carniere a disposizione. Come si adeguerà tutto questo al pragmatismo anglosassone?
"Tra i miei primi incarichi come allenatore c'è stato il settore giovanile, under 18 e 20, del Galles e tecnico della difesa allora era Shaun Edwards. Da lui ho imparato alcuni aspetti chiave che ancora oggi cerco di applicare nel mio lavoro quotidiano. Penso di poter portare alla nazionale italiana un certo livello di responsabilità, fiducia e semplicità. Vorrei che ciascun giocatore avesse un solo compito e che lo realizzasse nel miglior modo possibile, così da poter garantire nell'insieme la performance collettiva più efficace. Ad oggi mi sembra abbiamo già avuto quattro incontri con lo staff, mi piace il fatto di essermi messo in gioco e aver imparato moltissimo in questi momenti e di poter ora portare a compimento la mia filosofia. Sono altrettanto conscio che ci attendono delle montagne russe in cui ci saranno giorni buoni e altri meno, ma dobbiamo sempre tenere a mente il piano generale".
Edwards, così come Hodges stesso, è partito dal Rugby League, da sempre attenzionato dalla palla ovale a quindici per gli aspetti difensivi. Dal XIII, altrettanto non a caso, è partito pure un certo Andy Farrell.
"Penso che ancora si possa guardare alla forza, sia fisica ma soprattutto mentale che c'è nel Rugby League. Nel Regno Unito è particolarmente popolare nelle aree che ruotano attorno alla classe operaia, io stesso sono nato a Leeds e sono orgoglioso delle mie origini. In questi ambienti devi lavorare davvero duro per poter emergere e creare qualcosa e questo porta ad avere una certa predisposizione mentale. Tatticamente, poi, va considerato il fatto che difendi sullo stesso terreno di gioco, ma con due difensori in meno. Gli impatti diventano fondamentali. Ho parlato proprio in settimana con il tecnico dei Wigan Warriors su questo aspetto, per capire cosa possiamo prendere per affrontare subito squadre molto fisiche come Samoa e Tonga e voglio certamente continuare ad aggiornarmi e a seguire tutti gli aspetti che possono aiutare il miglioramento del nostro gioco. Non ho avuto la fortuna di giocare ai livelli più alti come altri allenatori, penso oggi a Steve Tandy o Felix Jones, che sono nel mio stesso ruolo, ma è proprio questo che mi motiva ogni giorno a continuare a lavorare più degli altri e ad imparare per meritarmi il rispetto dei giocatori, che alla fine sono il tuo riferimento. Mi piace poter stabilire delle buone relazioni con loro e potermi guadagnare la loro fiducia e viceversa: questa sarà subito la prima sfida che dovrò affrontare con l'Italia e non vedo l'ora di mettermi alla prova".