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UNA SECONDA VI(S)TA

Ian McKinley
La storia di Ian McKinley, una continua sfida alle avversità da superare con nuovi traguardi da porsi, ora anche al servizio dei telespettatori con disabilità del torneo Sei Nazioni

Second sight, seconda vista, che diventa in qualche modo una seconda vita - da qui il gioco di parole iniziale -, è il titolo del libro scritto da Ian McKinley che racconta la sua avventura sportiva e non solo, e che è stata ripresa anche nel documentario Look beyond, uno sguardo oltre.

Vista, vita. Tutto quello che Ian McKinley ha affrontato nei suoi 35 anni, dal sogno di essere il vice Sexton a Leinster, al dramma di dover rischiare di smettere di giocare, fino alla rinascita in Italia, dove gli si aprono nuove porte, comprese quelle internazionali.

Ian dimostra sin da bambino una grande predisposizione allo sport, nel calcio gaelico, disciplina nazionale irlandese, e poi soprattutto nel rugby, arrivando ad esordire a vent'anni in Celtic League con Leinster e a rappresentare l'Irlanda under 20 nel Sei Nazioni e al Mondiale di categoria in Giappone del 2009.

"Nell'ultima partita di quel torneo sono stato anche capitano, perché un certo Peter O'Mahony non era disponibile. E in squadra c'era anche un giocatore che risponde al nome di Conor Murray, con cui giocavo in mediana. Non male essere stato compagno di due futuri capitani Lions".

Nel 2010, il primo momento che cambia per sempre la sua vita. Durante un'azione di gioco viene colpito al volto in una ruck, più tardi si scoprì, in maniera accidentale da un compagno di squadra. Il colpo arriva all'altezza dell'occhio sinistro con un tacchetto e comporta la necessità di un intervento d'urgenza, ma anche la perdita parziale della vista e un lungo periodo di stop.

Dopo diversi mesi, riesce a rimettere piede in campo, ma nel corso di un'altra partita, il distacco della retina gli causa la perdita della vista dall'occhio e lo costringe al ritiro.

Decide allora di provare ad allenare e riceve una proposta da Udine, nel Nord Est dell'Italia. Nel 2013, un incontro tra il fratello Phillip e uno studente di design porta alla costruzione di un paio di occhiali protettivi, che gli consentono così la possibilità di tornare in campo.

Una dura battaglia lo coinvolgerà anche per il riconoscimento nel suo Paese d'origine della possibilità di utilizzare i cosiddetti Rugby Goggles, gli occhiali speciali progettati per la protezione durante il gioco, inizialmente accettati in via sperimentale proprio in Italia.

Il suo ritorno avviene nelle serie minori certo, ma il suo talento non passa inosservato, fino ad approdare al massimo campionato nazionale, con i gialloneri del Viadana, provincia di Mantova, e poi di nuovo nell'ex Celtic League (oggi URC) come permit player con le Zebre prima e come giocatore fisso a Treviso poi.

Nel 2017, passati oltre tre anni in Italia, viene addirittura aggregato con la nazionale di Conor O'Shea, debuttando l'11 novembre a Catania in un test match contro le Figi, marcando anche nel finale 3 punti con il calcio piazzato che dà la certezza della vittoria agli Azzurri.

Da lì, 9 caps totali con l'Italia (ancora una volta corsi e ricorsi del destino, giocherà in ben tre occasioni contro la "sua" Irlanda), e la partecipazione nel 2019 anche al torneo Sei Nazioni.

"Nel 2018 avevo fatto parte della rosa, non scendendo mai in campo, però c'ero in ogni partita. Poi nel 2019 ne ho giocate 4 su 5. Magari per noi con l'Italia non sarà stato il migliore dei periodi, ma il torneo rimane comunque una manifestazione di grande fascino, con cui sono cresciuto sin da piccolo, guardando le partite in televisione. E' un qualcosa ovviamente di importante, speciale.

Continuo a seguire ancora l'Italia, anche per lavoro, e faccio un grande tifo. Lo scorso anno con le due vittorie e il pareggio con la Francia sono arrivati ottimi risultati. Dopo la partita con la Scozia, ho portato il prosecco in studio e brindato al successo.

Quest'anno sarà più dura. I tifosi magari fuori si aspettano gli stessi risultati, tuttavia non è mai semplice. Contro la Scozia ci sono stati sicuramente aspetti molto positivi, ma alla fine purtroppo rimane una sconfitta".

Grazie ai suoi sforzi e a quelli della famiglia, nel 2019 World Rugby approva la modifica al regolamento che consente le protezioni visive. Pochi anni dopo, annuncia il suo secondo ritiro, stavolta definitivo e ai suoi termini dal mondo del rugby giocato.

Ma non si ferma certo il suo impegno. Intanto come allenatore, in Irlanda del Nord e in Italia, dove da questa stagione collabora con lo staff del Rugby Vicenza.

"Vado avanti e indietro tra Italia ed Irlanda del Nord, dove vivo e di dove è originaria mia moglie. Per un paio di partite al mese vengo a Vicenza ad aiutare Andrea Cavinato e Francesco Minto con i trequarti, le skills e i calci. E poi alleno anche qui, ma mi diverto e sono sempre in campo, pieno di rugby".

Oltre al terreno di gioco, però, continuano le attività di sensibilizzazione nei confronti di problematiche relative alla vista e alla disabilità. L'ultimo traguardo è senza precedenti: la possibilità di raccontare sui canali dell'emittente irlandese VMS le partite anche alle persone con difficoltà visive ed uditive.

"Dobbiamo affrontare le partite con spiegazioni più chiare per venire incontro a chi ha questo tipo di problematiche, cerco di essere molto specifico sui dettagli, ad esempio la settimana scorsa ho parlato del caschetto rosso di Josh van der Flier o delle fasciature sulla testa di Danilo Fischetti. Diventa un qualcosa di più vicino alla radio.

E' stata la prima volta che abbiamo provato a fare qualcosa del genere e torneremo a farlo per la partita tra Irlanda e Galles. Poi verificheremo e valuteremo la situazione, per capire se è un progetto che può essere portato avanti, cosa che naturalmente mi entusiasma e credo sia un passo importante, soprattutto se pensiamo che nella sola Irlanda ci sono più o meno 500mila persone con questo tipo di problemi.

In un altro piano della redazione, poi, c'è uno studio dove vengono trasmesse le partite con il linguaggio dei segni per chi ha difficoltà di udito.

In queste occasioni parli molto di più rispetto a quando giochi: in macchina mentre tornavo a casa, ero decisamente stanco dato tutto quello che avevo detto. Devi avere una conoscenza approfondita dei giocatori, la capacità di capire l'atmosfera e piccole cose che magari il pubblico generale percepisce meno. Poi, molta attenzione pure sulle nuove regole. Sono fortunato ad aver sempre seguito il rugby sin da piccolo, di averci giocato e di essere sempre stato molto appassionato, quindi tutto viene più semplice".

Nella prima giornata del Sei Nazioni 2025, che ha potuto seguire da vicino, commentando appunto le partite sulla tv irlandese, sono arrivate la sconfitta di un'Italia coraggiosa e la vittoria in rimonta dell'Irlanda contro l'Inghilterra.

"Per l'Italia dico che è stato un grande peccato. Sul 19-19 c'era una possibilità, ma poi sono arrivate due mete troppo semplici. Pure nel finale ci sono state altre opportunità per segnare e mettere maggiore pressione sulla Scozia. Sono sicuro che Quesada avrà riguardato la partita, forse già la sera stessa, e avrà visto le tante opportunità che c'erano per fare più punti. Contro il Galles sarà la partita più importante degli ultimi dieci anni almeno per loro, ma anche per l'Italia. Non vedo l'ora di poterla seguire, immagino che lo stadio sarà pieno e il pubblico bello carico.

A Dublino è stata una bellissima partita, un vero test match. Faccio i complimenti all'Inghilterra per come ha saputo mettere in difficoltà l'Irlanda nel primo tempo, poi però è uscita tutta la classe e la qualità irlandese, con giocatori come Dan Sheehan, che rientrava dopo mesi di infortunio e con appena uno spezzone di partita giocato con Leinster, qualcosa di incredibile.

Qui in Irlanda in questi giorni, si parla molto dell'apertura, del confronto tra Prendergast e Crowley. Quest'ultimo credo abbia fatto una gara performante e vedremo allora che scelte farà Easterby per la prossima gara. La sensazione in generale è sempre quella di un'Irlanda che gioca nelle situazioni difficili con grande tranquillità e che negli ultimi anni, in questo torneo, rimane in controllo. Palla in mano sono bravissimi, una squadra piena di confidenza e che non rischia nulla. Questa serenità probabilmente deriva da una certa esperienza e dalla fiducia in se stessi e nel gruppo".

Nel dibattito sulla maglia numero 10, che Ian McKinley ben conosce e ha indossato per gran parte della sua carriera, l'ultima voce è stata quella di Ronan O'Gara, uno che di dualismi se ne intende, avendo vissuto sia quello con David Humphreys che quello successivo con Johnny Sexton.

"Ci sono mille aspetti da considerare. Prendergast dall'ultima partita contro l'Australia alle Autumn Nations Series ha giocato quasi sempre titolare con Leinster, che rispetto a Munster è andato molto meglio in questo periodo. Per Crowley è stato più difficile, dato che come detto la sua squadra non stava sempre andando benissimo e così è normale che venga a mancare un po' di confidenza. Al posto di Farrell, o in questo caso di Easterby, se fossi stato io capo allenatore, probabilmente avrei fatto la stessa scelta di schierare Prendergast dall'inizio.

Questo weekend forse c'è più incertezza. Uno ha 24 anni e l'altro ne ha 21, sono entrambi molto giovani ed è un confronto destinato a durare per diverso tempo, ma con una certa intercambiabilità tra loro, a seconda delle performance e di altre cose che andranno considerate. Sono anch'io molto curioso di vedere che scelta sarà fatta contro la Scozia. Penso che Crowley abbia giocato meglio quando è entrato, ma Prendergast viene da 2-3 ottimi mesi con Leinster, dove è stato sicuramente più consistente".

A monitorare da vicino la situazione all'Aviva Stadium sabato sera, anche in ottica Lions, è stato avvistato Andy Farrell (foto sopra), che per quest'anno ha lasciato le redini al capo allenatore ad interim Simon Easterby.

"Immagino sia stata una sensazione strana per Farrell essere lì allo stadio e con Easterby invece in campo a controllare la squadra. Simon Easterby è un ottimo allenatore, pieno di esperienza, ha la fiducia del gruppo e viene seguito nella sua filosofia. Nel box dello staff tecnico, quando veniva inquadrato, era super carico, molto animato. In passato ha già fatto un tour con la nazionale emergenti in Sudafrica e non credo sia un passo troppo avanti per lui".

Si deciderà tutto l'8 marzo a Dublino nel super clash tra Irlanda e Francia o ci si può aspettare ancora delle outsider? Già la partita di domenica contro la Scozia potrebbe essere quella della verità per entrambe.

"A Murrayfield è sempre difficile, per gli irlandesi non è storicamente mai semplice e non ci sono mai divari eccezionali. Irlanda e Francia, comunque, credo siano le prime due forze. La Francia venerdì contro il Galles non ha probabilmente nemmeno dato il massimo, quindi vedo queste due davanti a tutte le altre".

Il Sei Nazioni 2019 disputato da McKinley con la maglia dell'Italia, con la sola inversione delle sfide della terza e quinta giornata proprio contro Francia ed Irlanda, è esattamente identico a quello di quest'anno. Anche allora, infatti, gli Azzurri affrontarono la Scozia ad Edimburgo e poi il Galles all'Olimpico. Bisogna preoccuparsi al pensiero che a Murrayfield terminò 33-20 (non troppo diverso dal 31-19 di quest'anno) e che poi arrivò la sconfitta 15-26 a Roma?

"Di quel torneo ricordo che avevamo perso solo una partita malamente, contro l'Inghilterra, mentre nelle altre non eravamo andati in maniera così terribile. Quella con la Scozia, fu comunque diversa rispetto a sabato scorso. Noi eravamo sotto di 30 punti e siamo riusciti nel finale a fare tre mete (con Palazzani, Padovani ed Esposito negli ultimi dieci minuti, ndr), mentre quest'anno sono stati molto più in partita e in equilibrio.

Nello sport purtroppo, poi, come già detto, conta solo il risultato, quindi per quanto onorevoli o di misura, rimangono pur sempre sconfitte. Il Galles arriva da un periodo terribile della propria storia, quindi avranno tutta la pressione su di loro. Sarà una partita nervosa e chi riuscirà a gestire meglio questa pressione, riuscirà a vincere.

L'Italia mi sembra una squadra più concreta, con un maggior numero di giocatori che possiedono quel certo X-Factor, come ad esempio Menoncello, e dovrà semplicemente gestire questi aspetti, quindi non sarei preoccupato più di tanto, pur essendo vero che tutti i team sono lì per vincere. Bisogna soltanto restare focalizzati su questo weekend e non pensare a quello che è stato o sarà".

Altro numero 10 come McKinley in passato e oggi allenatore, Gonzalo Quesada, è dallo scorso anno la nuova guida del rugby azzurro.

"Non lo conosco di persona, avendo avuto Conor O'Shea in nazionale e Kieran Crowley come allenatore a Treviso. Lui forse prediligeva un piano più offensivo, mentre Quesada sta ponendo maggiore attenzione sulla difesa, che è anche normale all'inizio e poi è stato premiato dai risultati nello scorso Sei Nazioni, quindi c'è poco da dire.

La sfida sarà ora provare a fare lo step successivo, ma ha tutta l'esperienza per farlo. So che è una persona concreta, che entra molto nello specifico e che ama stare sul campo, non un semplice capo allenatore che gestisce le cose, ma uno che vuole essere presente.

Se i ragazzi avranno rispetto per lui, per lo staff e per la maglia, allora tutto verrà facile. Poi, soltanto il tempo ci dirà la verità, ma credo sia un ottimo allenatore".