Una delle rientranti dell'Italia, è stata costretta ad alternarsi nel ruolo con le compagne, a causa del numero limite previsto nella competizione, ma è riuscita comunque ad essere protagonista nella vittoria inaugurale delle Azzurrine sulla Scozia e ora si sta preparando con il gruppo squadra ad affrontare l'ultimo impegno contro il Galles.
Alle sue spalle, già una serie di raduni con la nazionale maggiore, sia sotto la guida di Andrea Di Giandomenico, così come con Giovanni Raineri, e la partecipazione con soddisfazione al torneo Tri-Nations organizzato e vinto contro Scozia e Irlanda - squadre altrettanto battute dall'Italia alle Women's Summer Series a Parma - lo scorso anno a L'Aquila.
“Non avendo partecipato a Festival under 18, per me questo torneo rappresenta un'opportunità grandissima per tutte noi, per confrontarci con altre nazioni e ragazze e non subire poi un domani troppo il passaggio alla nazionale maggiore, anche solo dal club alla seniores, dove sono giustamente richieste grandi dosi di serietà ed impegno" il commento della giocatrice che ha alle spalle pure diverse apparizioni nel Seven e quest'anno ha indossato anche la maglia della franchigia femminile delle Zebre.
Women's Summer Series come occasione allora di mettersi in mostra, ma ancor più per crescere e giocare a livello internazionale contro l'élite della palla ovale europea giovanile.
"Le sensazioni che sono arrivate dal campo sono positive, soprattutto se consideriamo il fatto che ci siamo radunate due giorni prima di iniziare il torneo e quindi con tanti meccanismi e automatismi da rodare e avendo pochi allenamenti all'attivo.
Sono contenta che siamo riuscite a trovarci nel gioco, nonostante sia un gruppo eterogeneo e solo in poche vengano dalla stessa squadra. Magari, ma era preventivabile, potevamo fare meglio in difesa, dove a tratti siamo state un po' confusionarie e un po' più individualiste, ma siamo comunque riuscite a far bene.
Poi in campo contro la Scozia, personalmente mi sono divertita. Certo è stato stancante, perché abbiamo difeso molto e preso tante botte, perché era una squadra aggressiva, ma siamo soddisfatte".
Piemontese, come il tecnico della mischia Melissa Bettoni, ha iniziato a Novara a cinque anni la sua carriera sportiva.
"In famiglia stavano cercando di far provare qualche sport a mio fratello Beniamino, che ha due anni più di me - spiega Luna -. Arrivati al rugby, sono stata io a innamorarmene, però ero ancora troppo piccola: avevo solo 4 anni. Ho aspettato qualche mese e poi ho iniziato.
Sono rimasta a Novara nel mini rugby e continuato ad allenarmi lì anche dopo, ma poi giocavo la domenica con il Rivoli, che aveva una squadra femminile. Sciolta quest'ultima, molte ragazze, me compresa, sono passate al Cus Torino.
Del rugby mi piace il fatto che sia un gioco di squadra. Quando ho iniziato, ho capito che tutti i bambini potevano sentirsi inclusi, nessuno veniva escluso anche al di là delle caratteristiche fisiche. In campo serve l'aiuto di tutti per arrivare allo scopo finale, che sia quello di vincere o solo di divertirsi, e non si può giocare singolarmente".
Amante della montagna, nel tempo libero si dedica allo sci e in passato anche all'arrampicata, ma ora è presa pure dagli studi di ingegneria edile al Politecnico di Torino.
Non c'è un idolo particolare nella sua carriera, nonostante gli ampi gesti alle sue spalle della compagna Sara Mannini che prova ad influenzarne il giudizio, dall'alto anche delle ottime prestazioni fornite con la maglia numero 10 durante la manifestazione allo Stadio Sergio Lanfranchi.
"Magari non un'ispirazione, però seguivo molto Sam Warburton e mi piaceva come giocatore" confessa lei che in nazionale gioca in terza linea, proprio come l'ex capitano gallese, ma nel Cus Torino principalmente come estremo.
"Nel club in effetti gioco ancora trequarti e credo pure di aver fatto in questo ruolo anche i primi raduni in nazionale maggiore con Andrea Di Giandomenico. Quando sono arrivata in nazionale giovanile, invece, Diego (Saccà, il tecnico dell'under 20 femminile italiana, ndr) mi ha spostata in terza linea e continuo così da alcuni anni.
Il mio punto debole, non facendola mai al club, è forse la touche e vorrei migliorare anche in attacco, perché al momento penso di essere un po' fuori dal sistema e vorrei invece essere più sicura in quello che vado a fare.
Fortunatamente, anche nell'ultimo raduno Seven con figure come ad esempio Isabella Locatelli o altre giocatrici più esperte, arrivano tanti consigli per migliorare alzata e tecnica di salto oltre che aiuti, con commenti positivi e di sprone.
Se penso, invece, ad un punto di forza, dico forse la difesa, soprattutto a livello di tecnica individuale".
Crescita, insomma, la parola chiave e per raggiungere lo scopo si passa da un percorso condiviso che riguarda l'intero movimento femminile , come sottolineato anche dal presidente federale Marzio Innocenti.
Con il sogno di arrivare al primo cap con la nazionale maggiore e godendosi nel frattempo la maglia azzurra dell'under 20.
"Per me indossarla è un orgoglio e un onore - conclude Luna Agatha Sacchi -. Quando inizi a giocare da piccola, speri di arrivare a questo momento e di poter giungere al top. Poterci essere ora significa che ci sei riuscita ed è il riconoscimento per aver lavorato bene. Ed è significativo allo stesso tempo essere stata scelta tra tante ragazze e poter rientrare tra le ventitré che partecipano a questa manifestazione".