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TRANQUILLITA' E CONSIGLI

Andrea Marcato Ita
Le parole chiave del nuovo assistente allenatore della nazionale under 20 italiana, Andrea Marcato, fresco di titolo conquistato in patria.

Cinque Scudetti da giocatore, quando indossava la maglia numero 10 e a volte 15 di Treviso (4) e Calvisano (1), oltre ad una Coppa Italia, due Supercoppe ed un Trofeo Eccellenza, e poi tre titoli nazionali da allenatore con il "suo" Petrarca, società storica di Padova dove ha iniziato a muovere i primi passi nel mondo della palla ovale professionistica nel 2002, e da allenatore dal 2015, una volta appesi gli scarpini al fatidico chiodo.

Di pochi giorni fa il trionfo a Parma sul Viadana, che ha consegnato l'emblema numero 15 ai patavini, i quali raggiungono così nella classifica all-time il Benetton e sono a -2 titoli dalla migliore di sempre: Milano. Per Andrea Marcato non poteva esserci modo preferibile di salutare.

"La decisione di chiudere il rapporto era arrivata di comune accordo con la società verso marzo, ma l'abbiamo tenuta tra noi - conferma il nuovo assistente degli Azzurrini, assieme all'ex Rovigo Alessandro Lodi, con Roberto Santamaria promosso alla guida dell'under 20 al posto di Massimo Brunello -. Finire così, in effetti, credo sia stata la cosa migliore in assoluto, anche perché è stato un campionato tutt'altro che semplice e questo lo rende ancora più bello, dato che è stato più sofferto. In alcune occasioni, siamo stati molto criticati e credo a volte in maniera ingiusta, ma questo ha unito il gruppo e lo staff. C'è stato chi aveva iniziato a spararci contro senza nessuna logica, senza guardare i dati (il Petrarca ha perso 4 partite in stagione, ma tutte con una distanza massima di 2 punti, ndr) e il contesto generale, penso ad esempio al fatto che per buona parte della stagione non abbiamo potuto contare sul nostro calciatore titolare. Per noi, quindi, vincere il campionato è stato il modo di zittire queste critiche e far cambiare opinione ed è diventato per il gruppo una specie di motto-filo conduttore durante l'anno".

Nemmeno il tempo di esultare quasi che subito si è trovato catapultato a Parma nel primo raduno con la nazionale under 20, cui ne seguirà un successivo e poi l'amichevole contro la Spagna a San Benedetto del Tronto, prima di chiudere la preparazione e volare in Sudafrica per il Mondiale di categoria.

"Questa occasione penso arrivi nel momento giusto della mia carriera da allenatore ed è già molto diversa, per quel che ho potuto vedere, rispetto all'allenare una squadra seniores di club. Lì combatti settimana dopo settimana per vincere e non hai quasi tempo per soffermarti sui particolari, mentre qui devi pensare molto alla costruzione e allo sviluppo dei ragazzi, che sono in piena fase di crescita. Ho fatto due anni a questo livello, quando ancora era under 21, e sono tra i ricordi più belli che ho, avendo disputato due Mondiali e due tornei Sei Nazioni: sono momenti di formazione e. più in generale, di vita incredibili".

Il battesimo sarà di quelli tosti, considerando che ci sarà subito da affrontare un Mondiale e, appunto, da relazionarsi con ragazzi in piena crescita.

"Entro sicuramente in punta di piedi in questo gruppo e con un ruolo di transizione, visto che buona parte del lavoro stagionale è stato portato avanti da Massimo Brunello e Mattia Dolcetto assieme a Roberto Santamaria, per cui dovrò intanto trovare il miglior adattamento possibile. Il mio obiettivo principale è di portare tranquillità e cercare di consigliare il più possibile i ragazzi, per poter vivere queste emozioni e le partite nel migliore dei modi. L'approccio dev'essere indubbiamente diverso rispetto a quello che si ha con una squadra adulta, pensieri e dinamiche dei ragazzi non sono ovviamente gli stessi rispetto a quelli che puoi vedere in un team seniores".

LEGGI QUI L'INTERVISTA A MASSIMO BRUNELLO

Il tutto, poi, in un'under 20 che ormai non può più nemmeno essere considerata una sorpresa e che, negli anni, ha conquistato scalpi importanti come quelli di Inghilterra, Sudafrica, Francia, Scozia, Galles ed è andata vicinissima a sconfiggere in casa l'imbattuta Irlanda.

"Ho visto tutte le partite degli ultimi anni da tifoso e appassionato, diverse anche del Sei Nazioni a Monigo. L'Italia ha decisamente ottenuto grandi risultati e non costituisce più una novità, ma anzi ha continuato a confermarsi nel corso del tempo e questa è un'ulteriore testimonianza del valore del percorso intrapreso e del livello dello staff che ha seguito la squadra".

I ragazzi di oggi in cosa sono diversi rispetto a quelli nati negli anni '80 (Andrea Marcato è un classe 1983)?

"A livello fisico sono molto più preparati di come eravamo noi e poi hanno il supporto di tecnologie inimmaginabili allora. Oggi possono in pratica guardare e parlare costantemente di rugby. Certo la tecnologia aiuta molto il lavoro anche nostro come staff tecnico. I ragazzi di oggi quando arrivano già in una nazionale giovanile vivono un primo vero approccio al professionismo e hanno, in questo senso, possibilità enormi, il che per loro è un'ottima cosa, mentre noi credo avessimo possibilità più ridotte rispetto ad adesso. In generale, comunque, come detto, dove vedo le differenze maggiori è proprio sul piano della preparazione fisica".

Ad oltre quindici anni di distanza, Andrea Marcato tornerà a calcare, anche se in veste differente, i palcoscenici europei del torneo Sei Nazioni, disputato da giocatore per due anni nel 2008 e nel 2009. Al primo torneo, in particolare, è legato uno dei ricordi più belli della sua carriera internazionale: il drop a 40'' dalla fine della partita contro la Scozia vinta per 23-20 che fece letteralmente esplodere di gioia lo Stadio Flaminio di Roma.

"Non avendo mai disputato una Coppa del Mondo, per me il Sei Nazioni rappresenta il massimo livello rugbistico cui sono riuscito ad arrivare in assoluto. Giocare in certi stadi, con quel tipo di atmosfera, rimane un qualcosa di indelebile. Quando soprattutto andavi all'estero, ti rendevi conto che era un mondo che in Italia ancora non esisteva. Ricordo, ad esempio, quando andammo a Cardiff. Avevamo l'albergo a nemmeno un chilometro dal Millenium, ma quando siamo passati per andare allo stadio, a bordo strada c'era praticamente tutta la città che ci aspettava: fu incredibile e bellissimo".

Si ringrazia per il materiale fotografico l'ufficio stampa della Federazione Italiana Rugby.