Nato ad Arquà Polesine, in provincia di Rovigo, ha indossato per 257 tra il 1985 e il 2000 la maglia rossoblu dei Bersaglieri di casa, marcando un totale di 101 mete e conquistando gli scudetti nel 1990 e soprattutto nel 1988, quello della stella decretato per la prima volta con la formula dei play-off e deciso nella finale del Flaminio di Roma proprio da un exploit personale di "Schinca", come è da sempre soprannominato per i suoi movimenti fluidi di evitamento da estremo, e finalizzato in meta da Graziano Ravanelli, anche se la marcatura è passata alla storia proprio come la "meta di Brunello".
Dal ritiro, i primi passi da allenatore a Badia Polesine, ottenendo la promozione in serie A e poi a Rovigo, in Federazione e con Calvisano, dove vince due titoli nazionali nel 2017 e 2019, prima di diventare head coach della nazionale under 20.
Nelle scorse settimane, l'annuncio del passaggio di consegne a Roberto Santamaria, già suo assistente, e che dovrebbe essere affiancato dai tecnici di Petrarca Padova, Andrea Marcato, e Rovigo, Alessandro Lodi, mentre l'attuale assistant coach, Mattia Dolcetto, seguirà Massimo Brunello nella franchigia ducale delle Zebre per partecipare allo United Rugby Championship e alla Challenge Cup.
Un Sei Nazioni di alti e bassi quello terminato a marzo per l'under 20 italiana, che poteva essere chiuso con tre vittorie, e alla fine invece sono arrivati lo storico successo contro la Francia e quello interno sulla Scozia, con il rammarico di essere andati vicinissimi contro l'Irlanda dei record e soprattutto per la brutta chiusura a Cardiff con il Galles.
"Da un certo punto di vista - commenta l'ormai ex tecnico della nazionale giovanile azzurra -, sono arrivati risultati impensabili, come la vittoria in Francia o l'essere andati vicinissimi contro l'Irlanda, due nazioni che consideriamo top. Siamo rimasti delusi con l'Inghilterra, perché dopo averli battuti lo scorso anno c'erano aspettative alte, ma hanno dimostrato il loro valore andando poi a vincere il torneo.
In generale, direi che è stata una competizione positiva, con l'eccezione del secondo tempo contro il Galles, che è evidente che c'ha lasciato un po' di amaro in bocca. Era una partita alla portata, sapevamo di avere un potenziale alto e quando perdi non va per niente bene, soprattutto come lo abbiamo fatto noi. Probabilmente c'è stata un po' di supponenza, essendo nettamente in vantaggio a fine primo tempo e sapendo che li avevamo battuti sia in under 18 che 19 ed eravamo pure consci di essere superiori tecnicamente e fisicamente, oltre a venire da una serie positiva. Spesso, però, nello sport accade che pensi di essere più forte e poi vai a scontrarti con la realtà. E con il Galles, in special modo a Cardiff, non è mai così semplice. Abbiamo comunque, in generale, valorizzato dei giocatori che ora spero possano fare altrettanto bene ai Mondiali".
Forse non senza sorprese, è arrivata appunto la vittoria finale dell'Inghilterra.
"Probabilmente non ce l'aspettavamo, ma avevano cinque-sei atleti che lo scorso anno non si erano visti, vedi ad esempio Pollock, votato miglior giocatore del torneo, che poi nel complesso hanno fatto la differenza. Sono stati solidi fisicamente davanti, in certi momenti siamo anche riusciti a metterli in difficoltà, ma qualche errore di gestione c'è stato e il risultato è poi scappato. Loro credo ci temessero e c'hanno affrontato con una certa attenzione".
Dopo l'esordio, poi sono arrivate una sconfitta di strettissima misura e soltanto nel finale contro i campioni in carica dell'Irlanda e la vittoria in Francia.
"Cork è un campo difficile dove giocare, un caposaldo di quella che in casa è una nazionale imbattuta da anni e lì non si vince facilmente. Noi ci siamo andati molto vicini, dimostrando una bella reazione dopo la sconfitta contro l'Inghilterra e giocando forse la nostra migliore partita del torneo, anche se purtroppo c'è sfuggita la vittoria. Poi abbiamo ripetuto la prestazione, credo persino un po' più sottotono, con la Francia, ma siamo riusciti ad essere più cinici, segnando quando dovevamo e abbiamo fatto così la differenza. Sono quelle vittorie che non mi piace chiamare storiche, ma a Béziers con quel clima di soggezione, è stato davvero qualcosa di eccezionale. Vittorie che, in questi anni, hanno contraddistinto l'under 20, pensiamo ai successi contro Inghilterra e Sudafrica, risultati che fino a qualche anno fa sembravano impossibili".
Under 20 che anche quest'anno ha messo in luce diversi elementi interessanti e possibili prospetti per il futuro, come Scalabrin, Gallorini, Gritti e altri ancora.
"Questa annata forse non ha avuto quei picchi di talento che ci sono stati negli scorsi anni, ma tanti giocatori che hanno una base. Poi magari ci vorrà un po' di più a sviluppare il loro potenziale, perché ognuno ha una sua personalità. I nomi citati hanno fatto molto bene, così come altri, penso ai vari Belloni, Zanandrea. Rispetto ai 2004 che già conoscevamo, possiamo parlare pure in questo caso di Botturi, Casilio, Gasperini, tra i 2005 abbiamo visto ottime qualità che speriamo riescano a confermare in futuro. Il nostro mestiere di allenatori, alla fine, è soprattutto riuscire a valorizzare i giocatori e le loro potenzialità".
In questo senso, transitato tra gli Azzurrini per un'annata breve prima di approdare quasi in maniera diretta in maggiore, anche Tommaso Menoncello, Guinness Player of the Championship 2024.
"E' stato con noi il primo anno di under 20, nel famoso Sei Nazioni disputato interamente a Cardiff e poi è subito approdato in nazionale maggiore. E' un ragazzo dotato di un potenziale fisico che è difficile non vedere e capire, uno di quei fenomeni che capitano una volta ogni tanto, ma è anche un gran lavoratore e si sta applicando sulla tecnica e sulla comprensione del gioco. Tommaso è, poi, un ragazzo d'oro fuori dal campo, per cui non posso che fargli i complimenti per il riconoscimento e, se mai ce ne fosse bisogno, incitarlo a continuare su questa strada".
Ora la nazionale under 20 passerà, nel segno della continuità a Roberto Santamaria.
"Penso sia un passaggio naturale per il lavoro fatto da me e Mattia (Dolcetto, ndr). Abbiamo lavorato molto a contatto, anche in Accademia, e quindi certi dettami continueranno. Quello che mi piace è che ogni anno c'è sempre più voglia di esserci, tutti i ragazzi sono ambiziosi di arrivare a giocare con la nazionale under 20. E poi, vedendo che vince e fa bene, tutti ne vogliono far parte".
Ma in questo senso, sta aiutando pure il passaggio successivo verso la prima squadra, che una volta era sempre un momento molto più critico.
"E' solo questione di avere un po' di pazienza. Oggi ci sono tanti ragazzi che stanno arrivando un po' alla volta e un giusto mix di gioventù ed esperienza. Più gli anni passano e più saremo competitivi, a mio avviso".
In questa ottica, diventa fondamentale il lavoro a contatto anche con le due franchigie, una delle quali, le Zebre, sarà proprio la nuova casa di Massimo Brunello allo stadio Lanfranchi di Parma. Un nuovo obiettivo per rinvigorire il team ducale dopo alcune stagioni di difficoltà.
"E' una franchigia che punta molto sui ragazzi giovani e sul dare un'opportunità a coloro che sono in grado di meritarsela, con possibilità di mettersi in gioco in un campionato competitivo come è l'URC, che poi serve da trampolino verso la nazionale maggiore. Insieme vogliamo fare qualcosa di importante e sono convinto che potremo riuscirci. E' per me una bella sfida e spero di creare il giusto mix tra staff e giocatori, un buon rapporto di armonia per tirare fuori il massimo dai ragazzi".
A breve inizierà la preparazione per il prossimo Junior World Championship e a metà giugno, a San Benedetto del Tronto, la prima amichevole dell'Italia under 20 guidata da Santamaria contro la Spagna. Che effetto farà non esserci?
"Sarà strano, essendo ragazzi che ho allenato fino a pochi mesi fa. Mi sarebbe piaciuto esserci. Avranno un girone difficile, ma d'altronde in un Mondiale a dodici squadre non ne esistono di semplici. Tutte le nazionali sono competitive, basti pensare alla Georgia lo scorso anno, e che ha perso di poco di recente in amichevole contro la Francia. L'obiettivo penso sarà quello di confermare quanto fatto vedere durante il Sei Nazioni, provando a prendere qualche scalpo importante e magari ambire ad una posizione migliore rispetto all'ultimo torneo".
Rimpianti e soddisfazioni maggiori in questi anni alla guida degli Azzurrini?
"I ricordi belli ci sono stati in ogni annata. Anche il primo anno siamo stati estremamente competitivi, ottenendo un record difensivo difficilmente eguagliabile. Poi sono arrivate le vittorie con l'Inghilterra, le tre nel Sei Nazioni - cosa mai successa -, il terzo posto, l'affermazione contro il Sudafrica, per cui abbiamo fatto sempre qualcosa di positivo. Il rammarico, forse, è per qualche vittoria sfuggita, come quella dello scorso e del primo anno contro una Francia stratosferica. Le sconfitte che hanno fatto più male, invece, sono state quella di quest'anno al Sei Nazioni contro il Galles e quella ai Mondiali con le Fiji, dove noi eravamo più forti e dovevamo vincerle, ma non ci siamo riusciti".
Di quella Francia citata, oggi rimane una nuova base da cui ripartire e che, a furor di popolo, è stata acclamata per una rivoluzione quest'anno nel team seniores. Un qualcosa che potrebbe avvenire anche nella nuova Italia targata Quesada?
"Sicuramente e credo sarà sempre più facile. Nella nazionale maggiore si è creato il giusto contesto e un bel gruppo per cui potrebbe diventare semplice entrare e dimostrare il proprio valore, per cui penso che in futuro vedremo un numero sempre più alto di innesti di giovani che potranno far bene e sorprendere chi magari non è tra gli addetti ai lavori".